Inclusivo è trendy


Oggi parliamo di brand inclusivi e delle loro iniziative iconiche che danno vita a trend, dibattiti accesissimi, ma anche a tanta speranza.
Insieme alla sostenibilità, il mercato e i consumatori reclamano il diritto di essere tutti rappresentati, senza distinzioni.

Non solo Ariel

Uno degli esempi più recenti è la scelta della Disney di far impersonare la Sirenetta dalla bellissima Halle Bailey, cantante e attrice americana di colore.
Su Tik Tok, Instagram, Twitter si è diffuso un vero e proprio trend che mostra video di bambine afroamericane in fibrillazione, tra lacrime e immenso stupore, che esultano: “Quella è Ariel? Lei è nera! Ariel è come me”.

È innegabile che oggi i brand stiano intraprendendo un percorso lungo la strada del rispetto, che si oppone alle atrocità di razzismo, omofobia e violenza sdoganando pregiudizi, tabù e ribaltando i canoni tradizionali attraverso proposte creative nuove, fresche e soprattutto rispettose dell’altro e dell’ambiente.

“I’m a barbie girl”

I casi di inclusività stanno raggiungendo sempre più settori, dal make-up, alla moda, al digitale, ai giocattoli e tanto altro.

Ad esSecret (anche se oggi sono cambiate anche loro, vedrai). Oggi non è più così e il mondo dempio, chi non ha mai giocato con l’iconica Barbie da piccola? Sicuramente la ricorderemo tutti, non solo perché è stata una fedele amica di infanzia, ma anche perché effettivamente diversi anni fa un po’ tutte le Barbie erano abbastanza simili tra di loro. Chiome folte e curate, trucco perfetto, fisici da modelle di Victoria’s elle Barbie si è popolato sempre di più, diventando sempre più diverso e multiculturale.

Oggi troviamo barbie con apparecchi acustici, di moltissime nazionalità diverse, curvy, con la vitiligine, o ancora barbie ispirate a grandi donne che hanno segnato la storia, come la campionessa paralimpica Bebe Vio, Frida Kahlo e Amelia Earheart. Grazie a questo forte slancio verso la celebrazione della diversità, Barbie viene oggi annoverata nella Top 20 della classifica del “Diversity Brand Index”, un indicatore che, in una prospettiva customer-based, ha l’obiettivo di misurare e valutare i brand che entreranno poi a far parte di una classifica annuale come “brand più inclusivi dell’anno”.

Tutti i colori del mondo

Nel mondo del make-up un esempio interessante è quello di Fenty Beauty. Fondato da Rihanna, Fenty è una storia di marketing che ha dato una chance di rappresentazione a tantissime donne, grazie alla linea “Beauty for All” che offre ben 50 tonalità di fondotinta per adattarsi alle moltissime sfumature e sfaccettature di ogni donna in qualsiasi angolo del pianeta, anche e soprattutto quelle fino a quel momento trascurate dall’industria cosmetica e costrette ad un continuo mix di diversi fondotinta per ottenere il risultato desiderato. La volontà dei brand cosmetici di approcciarsi in modo più inclusivo ai propri clienti si può notare anche a livello comunicativo. L’Oréal, ad esempio, ha cambiato la concezione del fondotinta che, da strumento per cancellare i difetti, viene ora comunicato come uno strumento per valorizzare, senza tuttavia stravolgere e mascherare. Tanto è vero che, secondo Vanity Fair, il fondotinta sta vivendo una vera e propria “rivoluzione cosmetica”, dove la parola d’ordine è diversità. Una competizione positiva che ha innescato anche in altri brand il desiderio di espandere le loro linee di prodotti per diventare più parte di questo mondo che vuole trasmettere un messaggio positivo.

Una Tv per tutti

Un altro esempio in merito, in ambito televisivo, è quello della Rai, che nel 2021 ha vinto il premio Diversity Brand Index grazie alla sua piattaforma “Virtual Lis” per supportare le persone affette da sordità e finalizzata alla produzione di contenuti attraverso la lingua dei segni. Si tratta di un progetto svolto con il CRITS, il Centro Ricerche Innovazione Tecnologica e Sperimentazione della Rai, anche con l’obiettivo di aumentare l’offerta di contenuti LIS mediante degli avatar, per abbattere definitivamente le barriere dell’informazione e avvicinare tutti.

It’s fashion!

Dopo le aspre critiche ricevute per la scelta di modelle magrissime, Victoria’s Secret ha deciso di cambiare rotta. In questo caso l’urgenza di inclusività è arrivata proprio dal mercato e dai consumatori, ormai stanchi di vedere sfilare sulle passerelle di tutto il mondo modelle le cui abitudini alimentari, in alcuni casi, ci hanno lasciati un po’ perplessi.
Per questa ragione Victoria’s Secret ha ripensato non solo le sfilate, ma l’intera strategia aziendale. Ad esempio, nel 2019 ha accolto la prima modella transgender e una modella con sindrome di down.
Il coraggio del brand è stato quello di ammettere l’errore di sottorappresentazione di alcune categorie di donne, come si può vedere da un post Instagram del 28 giugno 2022, un video celebrativo in cui viene detto “We’ve changed. We now know beauty was always yours to define”, ovvero, “Siamo cambiati. Adesso sappiamo che definire la bellezza è sempre spettato a voi” o ancora un altro post in cui dicono “it’s no secret, we’ve made mistakes” seguito da una descrizione in cui ammettono di aver contribuito al perpetrarsi di una cultura tossica e di standard di bellezza dannosi.

Quindi ora il mondo è un posto migliore?

Nonostante queste esperienze positive, non tutti i brand sono mossi dagli stessi ideali e le arene iper-competitive in cui le aziende operano vedono contrapporsi brand effettivamente etici e brand che semplicemente cavalcano l’onda del politically correct, senza un reale coinvolgimento e rischiando di sfociare in comportamenti di green washing e, più in generale, purpose washing.
Noi intanto aspettiamo ansiosi la prossima iniziativa di inclusione e non vediamo l’ora!